Onesto, non fosse che nelle intenzioni. In questa vicenda di presunto miracolato, eternamente sballottato fra grazia e peccato ma, soprattutto alla ricerca di un modo di vita coerente e privo di compromessi, c'è di più che il semplice pretesto per legare una serie di bozzetti comici. C'è il desiderio, l'ambizione di fare un'opera d'impegno morale (ma non moralistico), di proiettare i significati di un aneddoto su molti risvolti del mondo contemporaneo.
A livello di realizzazione molte di queste intenzioni si perdono per strada. Se per impotenza creativa dell'autore è forse prematuro, ed ingeneroso, dire: anche perché alcune sequenze sono ricche di sensibilità, nell'ambientazione, nella scelta dei personaggi, nel senso della composizione. Ma questa freschezza è guastata da alcuni fattori, dei quali è da chiedersi se Manfredi riuscirà a liberarsi: prima fra tutti, quella cadenza comico-satirica della parlata centro-meridionale che, francamente, al cinema sta diventando insopportabile. Per la sua approssimazione, faciloneria, volgarità. Poi, per non pochi riferimenti estetici (la città del farmacista, la clinica in riva al mare, pure il paese della prima parte) che sembrano rinviare, per il carattere delle scelte e per la loro simbologia, al Fellini più facile in aggiunta a non pochi risvolti pasoliniani. Due che, qui, non c'entravano per niente.